NAZIONALISMO ITALICO-FASCISMO-FOIBE

SE siete ammiratori delle dittature,

SE idolatrate fasci romani e croci uncinate

SE siete nazionalisti fino all'esaltazione becera

SE ogni occasione e' buona per sbandierare il tricolore

SE la verita' vi da' solo fastidio questa pagina non e' per voi
CAMBIATE SITO !

MA
se NON vi bevete tutto quello che vi raccontano
se pretendete di sapere quello che hanno sempre taciuto
siete i benvenuti
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60 anni di bugie
come per tutti questi anni, l'italiano al di fuori del Friuli Venezia Giulia, è stato preso in giro dalla propaganda nazionalista

 

Ogni anno, con l'approsimarsi del 10 febbraio, e ancora peggio, da quando le destre detengono il potere, monta la retorica e la propaganda nazionalista, falsità e invenzioni di sana pianta, spopolano alla tv e sui giornali, ora siamo anche alle fiction e a filmetti di bassa categoria, poi c'è il buffone che a teatro cerca notorietà spargendo veleno, l'ignoranza sui fatti dilaga e un popolo "distratto" prende per oro colato ciò che gli propinano, persino i vari presidenti di questa repubblica ci sono cascati, pensate come siamo messi male ! Ciò che successe qui, può esser raccontato SOLO da chi ci vive da generazioni, gli altri danno solo aria alla bocca !

ma lo sapevate che, per contare i morti nelle foibe intorno a Trieste, ingaggiarono una (ex) camicia nera ?
iniziate a leggervi questo >>> tanto per aprirvi la mente
Questa pagina è dedicata a tutti quegli italiani che ben poco sanno di queste terre e delle loro vicissitudini, e che hanno creduto alle fandonie che la propaganda ha loro raccontato. I misfatti compiuti dai fascisti italiani  nelle nostre terre si sono ben evitati di raccontare, ciò che i cosiddetti < patrioti > di lingua italiana fecero nei villaggi alla gente inerme, sono cose indicibili, ben lontano dallo stereotipo che vi hanno sempre inculcato : italiani, brava gente ?  

prefazione storica  :
Nel 1941 l'Italia occupa la Jugoslavia, nazione nata dopo la sconfitta dell'impero austro-ungarico e il disfacimento dello stesso, percio' sia chiaro che dal 1919 al 1941 tutte quelle terre erano del regno di Jugoslavia, la stessa (solo) citta' di Fiume (territorio ungherese) venne occupata appena nel 1919 sino al natale del 1920, poi citta' stato libera, nel 1923 colpo di stato fascista e nuovamente italiana nel 1924 (trattato di Roma ) e dato che l'italiano medio, fa' partire la storia da dove meglio gli aggrada, un piccolo excursus sulla vera storia della Dalmazia (spacciata sempre per italiana): si chiamo', ancora prima della nascita di Roma, Illiria, e dagli illiri abitata, sulla costa vivevano anche piccole comunita' greche, poi ..... dico poi, venne assoggettata dai romani, con una serie di guerre, dette appunto illiriche, al disfacimento dell'impero, diventa bizantina (la costa), l'entroterra viene occupato da popolazioni slave (croati) al seguito degli avari (VI° sec, Venezia era appena nata!), ma lentamente, con l'indebolimento di Costantinopoli, si impossessano anche della costa. I croati vengono a loro volta assoggettati dalla potenza ungherese, fortissimo esercito terrestre, ma non certamente per mare, ed ecco che Venezia si impadronisce con la forza navale di buona parte della costa dalmata (non di tutta), ma si scontrera', a anche perdera', contro il regno d'Ungheria. Il batti e ribatti continuera' nei secoli, quanto basta agli storiografi veneti per sbandierare come loro propieta', sulla base di cui, i futuri storiografi italici faranno riferimento per supposte rivendicazioni territoriali - se solo la gente studiasse un po' la storia ...... tanto per precisare, neppure tutta l'Istria fu' in mano veneta ! ma vi diranno che era abitata in prevalenza da popolazione italica, dimenticando? che si basano su documentazioni posteriori all'italianizzazione forzata di nomi, cognomi, toponimi ecc... del 1919/33 in piena epoca fascista, direi che sia alquanto strano ... un vuoto di memoria ?

nel caso non lo sappiate, i bersaglieri e gli alpini, che tanto osannate oggi, ma i loro corpi si diedero molto da fare nelle nostre terre durante il ventennio, e l'arma dei carabinieri era quella arrestava i dissidenti e gli antifascisti per rinchiuderli nelle carceri e sottoporli a tortura

 

verita nascoste

leggetevi questo libro, forse capirete meglio


esuli istriani :

Argomento molto caro alla destra, sopratutto a quella estrema, una pagina che tutti indistintamente, evitano di raccontarvi, e' che la popolazione triestina, protesto' vivacemente per l'insediamento forzato delle grandi comunita' di esuli istriani, ben consapevoli, di cio' che questo avrebbe comportato:
Gran parte degli esuli istriani, fomentati a dovere, incentivati da promesse tangibili, come ; casa, lavoro sicuro nella pubblica amministrazione, 7 anni di prepensionamento con contributi pagati, agevolazioni, e molto altro, cose di cui godono ancora i loro figli e nipoti, firmarono la carta di <rifugiati politici>, anche se non lo erano, la condizione era..... anti-slavismo e anti-comunismo ad oltranza, per consolidare tutto ciò, venne usata una associazione ben foraggiata da Roma, legata a doppio filo con altra precedente associazione, la Lega Nazionale, in simbiosi egualmente la Ginnastica triestina e l'università popolare, vennero naturalmente agevolati nell'assunzione di posti pubblici
1 e vennero inseriti nelle alte cariche cittadine - Una buona parte dei padri e dei figli di questi esuli, ingrossò, ma lo fà ancora, le piccole ma potenti sette dell'estrema destra cittadina, protetti da avvocati di grido del foro triestino, negli anni '70 furono protagonisti di atti di vandalismi, cosa che sanno ben fare ancora, manifestazioni violente, violenze personali, pestaggi ecc ...., per fare proseliti tra i giovani più deboli, si inserirono nella tifoseria della squadra di calcio cittadina, alcuni fecero strada, ora sono seduti su poltrone comode a Roma !
L'apporto di questa gente in massa, fece sì che essi diventarono la maggioranza della stessa popolazione autoctona, ben lontana dalle opinioni dei primi, ma ormai succube della strapotenza in campo. Da 50 anni la destra cittadina ramificata in tutti gli strati cittadini, decide, fà e disfa ciò che vuole mentre una pseudo-sinistra cittadina rincorre i voti degli esuli concedendo loro benefici a piene mani.

NB : quelli che non firmarono il famoso atto di <rifugiati politici> in quanto non si riconoscevano come tali, non ebbero la fortuna di quelli che lo fecero, non ebbero agevolazioni, in taluni casi vennero anche emarginati dai loro stessi compaesani, l'essere onesti è costato caro a loro, non sono molti, ma meritano il nostro rispetto.

piccolo particolare : gli esuli che giunsero a Trieste tra il 1946 e il 1954, non scapparono in Italia, ma nel TLT, territorio libero di Trieste, amministrato da inglesi-americani-neo zelandesi, se davvero volevano andare nella loro madre patria, sarebbero andati almeno a Monfalcone che dista solo 20 km, non vi sembra ? e quelli che "scapparono" dopo il 1954, rimasero 8 anni nella vecchia Jugoslavia, tanti no, per essere dei perseguitati ? e quelli che lasciarono i loro beni (in modo fittizio) a parenti rimasti, e oggi godono sia di quelli che di quelli acquisiti qui ? e voi sapete quanti di questi che sputavano al sentir pronunciare Jugo, andavano tranquillamente oltre confine a far compere ?


 1 - per l'assunzione a un posto comunale, anche semplice spazzino, bisognava compilare una scheda dove per ogni risposta veniva attribuito un punteggio, maggiore era, piu' probabilita' di assunzione, ma stranamente, i punteggi piu' alti si raggiungevano solamente se  : il compilatore era lui, o figlio, di rifugiati politici istro-dalmati, aveva un notevole surplus di punti, ben specificati a lato della domanda, tante' che la stragrande maggioranza di operatori del comune, ancora oggi ha radici istriane, si sono passati i posti da padre in figlio, e i triestini .... .

ora vorrebbero spacciare per <patrioti> coloro che con la scusa dell'italianita',  provocarono sofferenze e lutti alle popolazioni di queste terre, ora vorrebbero riscrivere la storia affinche' gli assassini di prima, in quanto <italiani>, anche se fascisti, abbiano la loro giornata del ricordo, ci chiedono un colpo di spugna e magari appuntare qualche medaglia, erigere qualche monumento, dedicare qualche via (ah che scemo .... l'hanno gia' fatto!)


immagine a lato : tratta da Facebook, sito Istria Bellistria

quello che non vi raccontano di certo, e' che non tutti gli italiani fuggirono al grido dei capetti fascisti  " scappate arriva Tito ", molti rimasero, e .... ci sono ancora ! hanno vissuto tranquilli e mantengono la loro cultura, le loro scuole, la lingua, ma non si lamentano di essere diventati croati. Questa forte minoranza italiana nell'Istria, tutelata e con rappresentanza nel governo, comprova che non ci fu' la tanto sbandierata caccia agli italiani, che la solita propaganda, propina agli sprovveduti, infatti da noi a Trieste, e' risaputo che esista un certo atrito tra esuli istriani e istriani italo-croati, spesso i primi hanno cercato di insinuarsi nei direttivi dei secondi, ma con scarso successo per fortuna, la sola esistenza di una comunita' italiana rimasta (e non sterminata), denigra eminenti (?) scrittori che si danno un gran da fare per fomentare l'odio razziale, e 60 anni di continue bugie, per non parlare di siti e blog di cui la rete e' tapezzata, una curiosita', noterete che la quasi totalita' di essi, sono gestiti da associazioni di destra filo-fasciste o da loro affiliati o da loro simpatizzanti, strano no ?
Ho paura che alla fine ce l'abbiano fatta, in qualche modo, sono riusciti ad entrare nelle comunita' dell'Istria e lentamente minare queste enclave che hanno creduto alla favola della riappacificazione, aprendo loro le porte, poveri illusi.

piccola nota aggiuntiva ; mentre in Italia continua imperterrita la denigrazione del maresciallo Tito e dei titini, vorrei solo rammentare a chi forse inconsapevole, non conosce a fondo la storia della mia citta', che l'esercito jugoslavo assieme ai partigiani locali, libero' Trieste dalla lunga occupazione dell'esercito nazista (quello che aveva messo in piedi l'unico campo di sterminio in Italia, con i relativi forni dove bruciare le persone), e naturalmente da tutti quei simpatizzanti delle odiate camicie nere e dai loro collaboratori, che erano si' italiani, ma che si macchiarono di orrendi delitti sulla popolazione inerme, e nonostante questo, molti di loro rimasero poi ai loro posti di comando anche dopo il ritorno dell'Italia nel 1954

titini
3 maggio '45 - le truppe titine assediano il tribunale di Trieste, dove i nazisti si erano asserragliati

 

prima dei vostri mugugni ..... chi vi scrive e' di lingua italiana, di cultura italiana, di famiglia che dopo il 1918 e dopo il 1954 era di lingua italiana, ma non me ne vanto, c'è ben poco da vantarsene. I miei nonni nacquero sudditi dell'Austria imperiale, rappresentanti della minoranza italiana, ma quell'impero era piu' lungimirante di questa repubblica, il sottoscritto non parla per sentito dire, ma perche e' vissuto nei pressi dei grandi rioni costruiti ad hoc per gli esuli, e ne ha conosciuto molti, e diversi con una brutta fama.

sarebbe un onore, se il presidente di questa repubblica (ex), Giorgio Napolitano, ed ora pure Mattarella, si documentassero prima di parlare a vanvera, sembra che nella loro storia d'Italia, questa parte sia rimasta fuori ! e sembra che anche una gran parte del PD dovrebbe documentarsi, prima di avallare certe castronerie !

consiglio la consultazione della pag. "annales tergestinorum →1900" per meglio capire le dinamiche del secolo operanti a Trieste

 




LA BUFALA DI BASOVIZZA

la tanto pubblicizzata foiba di Basovizza (foto in basso), il 25 aprile 2010, anniversario della liberazione dal nazi-fascismo, ma .... raduno di fascisti col braccio alzato e camicie nere, ecco a chi e' dedicato quel monumento, e nonostante l'apologia del fascismo sia ancora perseguibile, nessuno si e' mosso, a Trieste e' tutto lecito.  Mio caro popolo italico, non fatevi prendere in giro, aprite gli occhi, come vedete spero, le foibe sono diventate un monumento al fascismo e, almeno che non lo siate anche voi, cosa di cui dubito o non avreste letto questa pagina, rifiutate questa falsa < giornata del ricordo > e bollatela come l'ennesima bufala
Sembra che molto successo, secondo i media locali, abbiano i tour del resto d'Italia nella visita a Basovizza, se vi ritenete dei liberali, se odiate le dittature, se non volete avvallare le stragi del fascismo, rifiutate di andarci, non mandate i vostri figli, e meglio ancora ... protestate !

trieste.storia di g.l.
25 aprile 2012 - i fascisti alla foiba di Basovizza !
12 febbraio 2011, tracciata una scritta sul muro della foiba : NESSUN RICORDO PER I FASCISTI DI IERI     NESSUNO SPAZIO PER QUELLI DI OGGI !

sembra che esistano ancora delle persone che si indignino, mentre il giornale triestino, da buon ruffiano di una certa parte politica ne da' ampio risalto, quasi a volerci commuovere, non nasconde le sue simpatie politiche, o almeno di parte dei suoi giornalisti
triestestoria



NB : vi prego di notare il commento del patetico giornalista del Piccolo, che non nasconde neppure le sue simpatie politiche e non e' neppure l'unico in quella redazione !!
.... secondo lui, i partigiani erano i "cosiddetti" liberatori .... ecco in che mani e' l'nformazione a Trieste

 

la VERITA' sulla foiba ! ascoltate bene




              





quello che non vi hanno raccontato, quello che vorrebbero che non si sapesse, quello che fanno finta di non sapere :

i crimini italiani nella ex Jugoslavia



quello che i vostri libri di storia, non vi raccontano, ma che il resto del mondo conosce bene :





   

Questi documentari sul fascismo e i suoi crimini in queste terre, mandati in onda in tutta Europa, in Italia sono stati censurati, NON SI DEVE SAPERE ! ciò che criminali con la scusa dell'italianita', hanno compiuto, e come non bastasse, non pagarono mai le loro colpe, ma vennero reintegrati e ripuliti, dalla nuova Repubblica


 

 



Alle origini della tragedia

I fascisti inventarono le fosse, poi le vittime furono italiane

La proposta

Sarebbe meglio che il giorno del ricordo si trasformasse in quello dei ricordi

di Predrag Matvejevic (Corriere della Sera, 27.04.08)

Ho scritto sulle vittime delle foibe anni fa in ex Jugoslavia, quando se ne parlava poco in Italia. Ero criticato. Ho avuto modo di sostenere gli esuli italiani dell’Istria e della Dalmazia (detti con un neologismo caratteristico «esodati »). L’ho fatto prima e dopo aver lasciato il mio paese natio e scelto, a Roma, una via «fra asilo ed esilio».

Condivido il cordoglio italiano, nazionale e umano, per le vittime innocenti, espresso giustamente e senza ambiguità dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sì, le foibe sono un crimine grave. Sì, la stragrande maggioranza di queste vittime furono proprio gli italiani. Ma per la dignità di un dolore corale bisogna dire che questo delitto è stato preparato e anticipato anche da altri, che non sono sempre meno colpevoli degli esecutori dell’«infoibamento».

La tragica vicenda è infatti cominciata prima, non lontano dai luoghi dove sono stati poi compiuti quei crimini atroci. Il 20 settembre del 1920 Benito Mussolini tiene un discorso a Pola (e non è stata certo casuale la scelta della località). E in quell’occasione dichiara: «Per realizzare il sogno mediterraneo bisogna che l’Adriatico, che è un nostro golfo, sia in mani nostre; di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara». Ecco come entra in scena il razzismo, accompagnato dalla «pulizia etnica». Gli slavi perdono il diritto che prima, al tempo dell’Austria, avevano, di servirsi della loro lingua nella scuola e sulla stampa, il diritto della predica in chiesa e persino quello della scritta sulla lapide nei cimiteri. Si cambiano massicciamente i loro nomi, si cancellano le origini, li si costringe a emigrare...

Ed è appunto in un contesto del genere che si sente pronunciare, forse per la prima volta, la minaccia della «foiba». È il ministro fascista dei Lavori pubblici Giuseppe Caboldi Gigli, che si era affibbiato da solo il nome vittorioso di «Giulio Italico», a scrivere già nel 1927: «La musa istriana ha chiamato Foiba degno posto di sepoltura per chi nella provincia d’Istria minaccia le caratteristiche nazionali dell’Istria» (da Gerarchia, IX, 1927). Affermazione alla quale lo stesso ministro aggiungerà anche i versi di una canzonetta dialettale già in giro: A Pola xe l’Arena, la Foiba xe a Pisin.

Le foibe sono dunque un’invenzione fascista. E dalla teoria si è passati alla pratica. L’ebreo Raffaello Camerini, che si trovava ai «lavori coatti» in questa zona durante la Seconda guerra mondiale testimonia nel giornale triestino Il Piccolo (5 novembre 2001): «Sono stati i fascisti i primi che hanno scoperto le foibe ove far sparire i loro avversari». La vicenda «con esito letale per tutti» che racconta questo testimone, cittadino italiano, fa venire brividi.

Le camicie nere hanno eseguito numerose fucilazioni di massa e di singoli individui. Tutta una gioventù ne rimase falciata in Dalmazia, in Slovenia, in Montenegro. A ciò bisogna aggiungere una catena di campi di concentramento, di varia dimensione, dall’isoletta di Mamula all’estremo sud dell’Adriatico, fino ad Arbe, di fronte a Fiume. Spesso si transitava in questi luoghi per raggiungere la risiera di San Sabba a Trieste e, in certi casi, si finiva anche ad Auschwitz e soprattutto a Dachau. I partigiani non erano protetti in nessun Paese dalla Convenzione di Ginevra e pertanto i prigionieri venivano immediatamente sterminati come cani. E così molti giunsero alla fine delle guerra accaniti: «infoibarono » gli innocenti, non solo d’origine italiana. Singole persone esacerbate, di quelle che avevano perduto la famiglia e la casa, i fratelli e i compagni, eseguirono i crimini in prima persona e per proprio conto. La Jugoslavia di Tito non voleva che se ne parlasse. Abbiamo comunque cercato di parlarne. Purtroppo, oggi ne parlano a loro modo soprattutto i nostri ultranazionalisti, una specie di «neo-missini » slavi.

Ho sempre pensato che non bisognerebbe costruire i futuri rapporti in questa zona sui cadaveri seminati dagli uni e dagli altri, bensì su altre esperienze. Ad esempio culturali... Non mi sembra giusto proclamare solo un «giorno del ricordo», sarebbe meglio il giorno dei ricordi. Aggiungo infine che capisco bene Boris Pahor. Lui, da slavo e sloveno, come anche Zoran Music, un caro amico defunto, grandissimo pittore ad un tempo sloveno e veneziano, ci sono stati nei campi di sterminio fascisti...

(traduzione di Silvio Ferrari)


Quanti crimini rimasti impuniti compiuti dai generali del duce


Proprio nel giorno di quelle due interruzioni scortesi , ingiuste e sgradevoli nei confronti della bella e dotta conferenza di Quirino Principe, al Teatro Verdi, strabocchevole di ascoltatori attenti, domenica 12 gennaio, sul Corriere della Sera Franco Giustolisi scriveva quasi una pagina sui crimini rimasti impuniti e commessi dai generali del duce. Le pagine oscure della guerra di occupazione italiana (fascista) nella Yugoslavia, nella Grecia e nell'Albania sù sù fino alla Russia vengono prese ora in considerazione, indagate e messe nella giusta, triste luce. Giustolisi (già noto per "l'armadio della vergogna" ) parla ora degli eccidi e delle efferatezze dei vari Roatta e Robotti, del governatore della Dalmazia occupata, Bastianini, dei componenti del tribunale straordinario di Sebenico, generale Magaldi e colonnello Sorrentino nonchè Pietro Caruso (fucilato in seguito a Roma su condanna dell'Alta Corte di Giustizia per suoi crimini nella veste di questore ). Tutti nascosti ai più, sotto la vernice stereotipata degli "italiani brava gente".
Giustolisi cita, inoltre, la relazione della Commissione istituita il 6 maggio 1946 dal Ministero della Guerra per "accertare le responsabilità nelle quali potessero essere incorsi i comandanti o i gregari italiani nei territori d'oltre confine occupati dalle forze armate italiane nell'ultima guerra". La suddetta relazione venne firmata appena nel 1951, 30 giugno, dall'avvocato e senatore Luigi Gasparotto (Partito della democrazia del lavoro) e dallo stesso inviata al Ministero divenuto, nel frattempo, della Difesa. Il sen. Gasparotto, è bene sottolinearlo, è stato l'unico civile tra i tanti militari che componevano la Commissione istituita , "obtorto collo", dal Governo italiano presieduto da Alcide De Gasperi, nell'immediato dopoguerra. Gli accusati dalle varie nazioni aggredite dal fascismo erano 326, di cui solo 34, secondo la relazione, "sarebbe opportuno sottoporre a giudizio dell'autorità competente". Ma tale autorità, vale a dire la
Procura militare di Roma, quando riapparvero gli incartamenti relativi, ormai ammuffiti e polverosi per il tempo trascorso, parliamo di qualche anno addietro al 2014 - incredibile dictu - , si pronunciò per la "non punibilità" di tutti, a norma, artatamente - riferisce Giustolisi - di un articolo del codice militare di guerra, il 165, previsto per ben altre situazioni (Codice di allora , prima delle modifiche apportate nel 2002). E la relazione citata sopra considerava, in particolare, le richieste della Jugoslavia controbattendo, peraltro, che si trattava di un "Paese dal quale sono state mosse le più numerose e più gravi accuse alle nostre truppe d'occupazione e alle autorità civili preposte all'amministrazione dei territori occupati". Inoltre "l'annientamento e la distruzione di interi villaggi, le rappresaglie più spietate furono opera di gruppi etnici e religiosi in lotta tra loro" , diceva la Procura militare, scusando i veri colpevoli. Insomma, tutti gli accusati, compreso il generale Robotti ("quì ne ammazziamo troppo pochi"...) o Roatta ("testa per dente"), se la cavarono a norma di quell'articolo 165 del Codice militare di guerra che prevedeva la parità della tutela penale, "come se ci fosse parità tra eserciti e civili, come se si mettessero sullo stesso piano le vittime di Sant’ Anna di Stazzema e chi le massacrò". Come non dare ascolto, quindi, a storici illustri, primo fra tutti Enzo Collotti, che videro in aggiunta alle oppressioni in genere, al genocidio culturale, all'onomasticidio, all'eliminazione delle scuole slovene e croate, alle fucilazioni, agli incendi di villaggi ecc. effettuati nei confronti delle popolazioni slave, in quei crimini , dunque, la causa prima della crudele reazione, ma di difesa comprensibile, concretizzatasi poi, nei fatti dolorosi del settembre 1943 in Istria e nel 1945, e in tutto il confine orientale. Non si può, del resto, negare - onestamente e con chiara obiettività - che l' esodo ed il dramma degli Istriani vennero generati dalle violenze e dagli eccidi perpetrati durante la guerra di aggressione e di occupazione dal regime fascista ed eseguiti dai generali del duce, di cui parla Franco Giustolisi sul giornale citato sopra. Generali che non pagarono affatto alla Giustizia il prezzo di quei misfatti (vi è tutta una letteratura in merito, da Mimmo Franzinelli , Sergio Luzzato a Angelo Del Boca).

Claudio Cossu – 5/2/2014 - il Piccolo

fucilazioni
soldati italiani in Jugoslavia mentre fucilano dei civili



FOIBE E FOBIE

di GIACOMO SCOTTI

Rapidissima premessa. Il fenomeno degli infoibati, e cioè del seppellimento di persone (fucilate o in altro modo giustiziate) nelle cave carsiche dette foibe e nelle cave di bauxite ad opera degli insorti guidati dal Movimento resistenziale sloveno, croato e italiano in Istria e nella Venezia Giulia, conobbe due periodi e due territori distinti. Il primo riguarda l'Istria e va dal 9 settembre al 13 ottobre 1943 e cioè subito dopo l'armistizio firmato da Badoglio, quando quasi tutta la penisola incuneata fra Trieste e Fiume cadde sotto il controllo degli insorti, rispettivamente dei partigiani di quella regione; il secondo periodo va dal 1° maggio alla metà di giugno 1945 e riguarda le città di Trieste e Gorizia con i rispettivi territori conquistati ed amministrati per 45 giorni dalle truppe jugoslave.
Questo lavoro si occupa dell'Istria e del primo periodo presentando nel contesto anche alcuni documenti finora inediti o scarsamente conosciuti.

Quando terminò la prima guerra mondiale e nell'Istria ex austro-ungarica sbarcarono le truppe italiane, nella regione risiedevano circa duecentomila croati e sloveni autoctoni (ne erano stati registrati 225.423 nell'ultimo censimento austriaco nel 1910) e cioè il 58 per cento della popolazione totale. Era una popolazione, quella slava, composta in prevalenza da contadini; la popolazione italiana invece era composta da lavoratori dell'industria, da artigiani, da commercianti e proprietari terrieri presenti più o meno compattamente nelle cittadine costiere quali Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Cittanova, Parenzo, Orsera, Rovigno, Dignano, Pola, Albona e in alcuni centri maggiori dell'interno o poco lontani dalla costa quali Buie, Montona, Pinguente e Pisino.
Ancor prima della firma del Trattato di Rapallo del 1920 che assegnò definitivamente l'Istria all'Italia, quando ancora la regione era soggetta al regime di occupazione militare, la popolazione dell'Istria si trovò di fronte allo squadrismo italiano in camicia nera, parzialmente importato da Trieste, che in quella regione si manifestò con particolare aggressività e ferocia, servendosi non soltanto dell'olio di ricino e del manganello.
Gli stessi storici fascisti, tra i quali spicca l'istriano G.A. Chiurco, vantandosi delle gesta degli squadristi e glorificandole nelle loro opere, hanno abbondantemente documentato i misfatti compiuti dagli assassinii di antifascisti italiani quali Pietro Benussi a Dignano, Antonio Ive a Rovigno, Francesco Papo a Buie ed altri alla distruzione delle Camere del lavoro ed all'incendio delle Case del popolo, alle sanguinose spedizioni nei villaggi croati e sloveni della penisola, ecc. Questi misfatti continuarono sotto altra forma dopo la presa del potere a Roma da parte di Mussolini, con la creazione del regime fascista. Ancora una volta il risultato fu disastroso soprattutto per gli "allogeni" istriani: furono distrutti e/o aboliti tutti gli enti e sodalizi culturali, sociali e sportivi della popolazione slovena e croata; sparì ogni segno esteriore della presenza dei croati e sloveni, vennero abolite le loro scuole di ogni grado, cessarono di uscire i loro giornali, i libri scritti nelle loro lingue furono considerati materiale sovversivo; con un decreto del 1927 furono forzosamente italianizzati i cognomi di famiglia (in alcuni casi il cambio dei cognomi fu attuato con tale diligenza che due fratelli, o padre e figlio, ricevettero due cognomi diversi), furono italianizzati anche i toponimi; migliaia di persone finirono al confino (Tremiti, Ustica, Ponza, Ventotene, S.Stefano, Portolongone, Lipari, Favignana, ecc.) o nel migliore dei casi, se dipendenti statali, specialmente ferrovieri furono trasferiti in altre regioni d'Italia; nelle chiese le messe poterono essere celebrate soltanto in italiano, le lingue croata e slovena dovettero sparire perfino dalle lapidi sepolcrali, queste stesse lingue furono cacciate dai tribunali e dagli altri uffici, bandite dalla vita quotidiana. Gli allogeni o alloglotti furono discriminati perfino nel servizio militare, finendo nei cosiddetti "Battaglioni speciali" in Sicilia e Sardegna. Alcune centinaia di democratici italiani, socialisti, comunisti e cattolici che lottarono per la difesa dei più elementari diritti delle minoranze subirono attentati, arresti, processi e lunghi anni di carcere inflitti dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. I principali "covi sovversivi" furono Rovigno, Pola e il bacino carbonifero di Albona-Arsia.

Per gli slavi il risultato fu la fuga dall'Istria di circa 60.000 persone, metà delle quali trovò rifugio nelle due Americhe e l'altra metà nell'ex Jugoslavia. Sul piano ideologico il risultato fu che nella stragrande maggioranza questi esuli istriani slavi si schierarono sui fronti di due estremismi: andarono a rafforzare le file comuniste oppure quelle nazionaliste degli ustascia e oriunasci, due fronti opposti ma accomunati dall'odio contro l'Italia.
Il movimento comunista jugoslavo, sia notato per inciso, era di per sé sostenuto da una forte tendenza nazionalista e questa tendenza fu nutrita anche da un forte sentimento anti-italiano nelle organizzazioni del PC croato e sloveno, come dimostra la politica condotta nei riguardi dell'Istria, della Venezia Giulia e Dalmazia da alcuni leader di quei due partiti negli anni della Resistenza e in particolare dal massimo esponente del comunismo sloveno Edvard Kardelj. (2a) A questa tendenza ed a questa politica nazionalista-espansionista e non all'ideologia comunista vanno addebitati alcuni "eccessi" compiuti in Istria immediatamente dopo l'armistizio del settembre 1943 e le cosiddette "deviazioni" verificatesi sempre in Istria dopo il maggio 1945 con il ritorno anche degli esuli croati di tendenza nazionalista.

Purtroppo a rafforzare il nazionalismo anti-italiano nelle file del Movimento partigiano di liberazione e dei partiti comunisti sloveno, croato e montenegrino fu ancora una volta il fascismo mussoliniano che nella seconda guerra mondiale portò l'Italia ad aggredire i popoli jugoslavi.
Quell'aggressione tra il 6 aprile 1941 e l'inizio di settembre 1943 fu caratterizzata come documenta lo storico triestino Teodoro Sala ("L'Espresso", Roma, 19 settembre 1996) non soltanto dalle brutali annessioni delle Bocche di Cattaro, di larghe fette della Croazia e di una parte della Slovenia, ma anche da una lunga serie di crimini di guerra compiuti da speciali reparti di occupazione, fra i quali si distinsero per ferocia le Camicie Nere, per ordine dello stesso Mussolini e di alcuni generali: "si giunse alle scelte più draconiane dei comandi militari italiani", Ne derivarono "rapine, uccisioni, ogni sorta di violenza perpetrata (...) a danno delle popolazioni". Decine di migliaia di civili furono deportati nei campi di concentramento disseminati dall'Albania all'Italia meridionale, centrale e settentrionale, dall'isola adriatica di Arbe (Rab) fino a Gonars e Visco nel Friuli, a Chiesanuova e Monigo nel Veneto. In quei lager italiani morirono 11.606 sloveni e croati. Nel solo lager di Arbe ne morirono 4.000 circa, fra cui moltissimi vecchi e bambini per denutrizione, stenti, maltrattamenti e malattie. A proposito ecco un documento del 15 dicembre 1942.

In quella data l'Alto Commissariato per la Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli, trasmise al Comando dell'XI Corpo d'Armata il rapporto di un medico in visita al campo di Arbe dove gli internati "presentavano nell'assoluta totalità i segni più gravi dell'inanizione da fame". Sotto quel rapporto il generale Gastone Gambara scrisse di proprio pugno: "Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d'ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo".

Sempre nel 1942, il 4 agosto, il generale Ruggero inviò un fonogramma al Comando dell'XI Corpo in cui si parlava di "briganti comunisti passati per le armi" e "sospetti di favoreggiamento" arrestati. In una nota scritta a mano il generaleMario Robotti impose; "Chiarire bene il trattamento dei sospetti (...). Cosa dicono le norme 4C e quelle successive? Conclusione: si ammazza troppo poco!". L'ultima frase è sottolineata. Il generale Robotti alludeva alle parole d'ordine riassuntive del generale Mario Roatta, comandante della Il Armata italiana in Slovenia e Croazia (Supersloda) il quale nel marzo del 1942 aveva diramato una Circolare 3C nella quale si legge: "Il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula dente per dente ma bensì da quella testa per dente". Una frase che ci fa ricordare l'eccidio di Gramozna Jama in Slovenia dalla quale furono riesumati nel dopoguerra i resti di un centinaio di civili massacrati durante l'occupazione per ordine delle autorità militari italiane. Furono alcune migliaia i civili "ribelli" falciati dai plotoni di esecuzione italiani, dalla Slovenia alla "Provincia del Carnaro", dalla Dalmazia fino alle Bocche di Cattaro e Montenegro senza aver subito alcun processo, ma in seguito a semplici ordini di generali dell'esercito, di governatori o di federali e commissari fascisti. In una lettera spedita al Comando supremo dal generale Roatta in data 8 settembre 1942 (N. 08906) fu proposta la deportazione della popolazione slovena. "In questo caso scrisse si tratterebbe di trasferire al completo masse ragguardevoli di popolazione, di insediarle all'interno del regno e di sostituirle in posto con popolazione italiana".

Il figlio di Nazario Sauro (l'eroe della Prima guerra mondiale), Italo Sauro, in un "Appunto per il Duce", nel quale riferisce un suo colloquio con l'SS Brigade Fuehrer Guenter (v. Bollettino n. 1/aprile 1976 dell'Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia), lo informava tra l'altro: "Per quanto riguarda la lotta contro i partigiani, io avevo proposto il trasferimento in Germania di tutta la popolazione allogena compresa tra i 15 e i 45 anni con poche eccezioni", ma i tedeschi dissero di no.

Andremmo troppo lontano se volessimo citare altri documenti, centinaia, che ci mostrano il volto feroce dell'Italia monarchica e fascista in Istria e nei territori jugoslavi annessi o occupati nella seconda guerra mondiale. Gli stupri, i saccheggi e gli incendi di villaggi si ripetevano in ogni azione di rastrellamento. Una documentazione di questi crimini la si può trovare nel mio libro "Bono Taliano" (Italiani in Jugoslavia 1941-43 - La Pietra, Milano, 1977), nel volume "La dittatura fascista" di Autori vari (Teti, Milano, 1984) nel quale Teodoro Sala dedica un corposo capitolo a "Fascismo e Balcani. L'occupazione della Jugoslavia" e in altre opere.
Tuttavia, trattandosi qui dell'Istria, vogliamo accennare rapidamente almeno a pochi episodi che precedettero di pochi mesi i fatti del settembre1943. Nell'estrema parte nord-orientale dell'Istria, alle spalle di Abbazia, le autorità militari italiane intrapresero all'inizio di giugno 1942 un'azione prettamente terroristica contro le famiglie dalle quali risultava assente qualche congiunto, sicché potevano ritenere che avesse raggiunto le file dei "ribelli" (partigiani). Un comunicato del generale Lorenzo Bravarone informò che il 6 giugno erano state arrestate e deportate nei campi di internamento in Italia 34 famiglie per un totale di 131 persone di Kastav/Castua, Marcelji/Marcegli, Rubessi, San Matteo (Viskovo) e Spincici.
I loro beni mobili, compreso il bestiame grosso e minuto, furono confiscati o abbandonati al saccheggio delle truppe, le loro case incendiate, dodici persone vennero passate per le armi senza alcun processo. Ancora più terribile fu la sorte toccata agli abitanti della zona di Grobnik/Grobnico, a nord di Fiume. I maestri elementari Giovanni e Franca Renzi, mandati dal regime a "italianizzare" i bambini croati del villaggio di Podhum annesso alla Provincia del Carnaro nel 1941, erano diventati malfamati nella zona per i maltrattamenti e le punizioni inflitte a quei bambini colpevoli unicamente di non apprendere rapidamente la lingua italiana. Tra l'altro, il maestro, affetto da TBC, soleva sputare in bocca ai disgraziati alunni a lui affidati quando sbagliavano un verbo o un vocabolo. Finirono ammazzati da non si sa chi il 10 giugno 1942. A un mese di distanza, risultati vani i tentativi di individuare gli uccisori dei due insegnanti, e insoddisfatto della spedizione punitiva compiuta il 6 giugno, il prefetto di Fiume, Temistocle Testa, ordinò una rappresaglia sanguinosa: reparti di camicie nere nei quali furono mobilitati per l'occasione anche numerosi giovani fascisti italiani di Fiume, insieme a reparti delle truppe regolari; irruppero nel villaggio di Podhum all'alba del 13 luglio. Rastrellata l'intera popolazione, questa fu condotta in una cava di pietra presso il campo di aviazione di Grobnico, mentre il villaggio veniva saccheggiato e poi incendiato. Il fuoco distrusse alcune centinaia di case, oltre mille capi di bestiame furono portati via, 889 persone finirono nei campi di internamento italiani: 412 bambini, 269 donne e 208 maschi anziani. Altri 91 uomini furono fucilati nella cava: il più anziano aveva 64 anni, il più giovane 13 anni appena. Sempre nella zona di Fiume, il 3 maggio 1943, per ordine del solito Testa, reparti di Camicie Nere e di fanteria rastrellarono il villaggio di Kukuljani e alcune sue frazioni, portarono via tutto il bestiame, saccheggiarono le case, deportarono la popolazione e quindi appiccarono il fuoco alle abitazioni, alle stalle e agli altri edifici "covi di ribelli", distruggendo completamente 80 case a Kukuljani e 54 a Zoretici. Nei campi di internamento finirono 273 abitanti di Kukuljani e 200 di Zoretici.

Alla luce di questi fatti, dunque, vanno visti gli avvenimenti del settembre 1943 in Istria. Alla notizia della capitolazione militare italiana, diffusasi anche in Istria nel tardo pomeriggio dell'8 settembre, in quella penisola ci fu una generale, pressoché spontanea rivolta popolare che coinvolse in eguale misura le popolazioni italiane nei centri costieri e quelle croate e slovene nell'interno. Nell'uno e nell'altro caso (e fatte le solite eccezioni) gli insorti mostrarono simpatia e solidarietà con le truppe in grigioverde che altrettanto spontaneamente avevano estrinsecato la propria gioia per la "fine della guerra", mentre la punta offensiva della lancia fu rivolta in alcuni casi contro i Carabinieri, la Polizia di Stato e soprattutto contro i gerarchi fascisti.
Sporadicamente, nell'interno, si fece di tutta l'erba un fascio ed i vocaboli "fascista" e "italiano" ebbero un unico significato. Le strutture militari dello Stato non opposero alcuna resistenza (fece eccezione Pola dove contro i manifestanti fu aperto il fuoco per ordine del Comando di guarnigione e si ebbero tre morti fra i civili), sicché nel giro di pochi giorni entro l'11 settembre le armi dell'esercito e dei carabinieri passarono agli insorti. Senza colpo ferire cedettero le armi i presidi, piccoli e grandi, di Antignana, Lanischie, Pisino, Cerreto, Castel Lupogliano, Rozzo, Pinguente, Canfanaro, Rovigno, Carnizza, Altura, Arsia, Parenzo e via via di altri centri presidiati da reparti di Alpini, di Fanteria costiera, di Carabinieri e Guardia di Finanza. Molti soldati si unirono agli insorti.

Sembrava un trionfo, ma non era così. La svolta si ebbe il 13 settembre. Quel giorno si capì definitivamente che su tutto incombeva la grave minaccia tedesca. Così in piena autonomia, spontaneamente, gli improvvisati capi del movimento insurrezionale di Parenzo, Rovigno ed Albona, tutti italiani, decisero di opporsi con le armi all'avanzata dei Tedeschi. Una decisione presa anche sull'onda di una terribile notizia giunta da Pola. Quel 13 settembre nel capoluogo istriano, con l'aiuto dei loro carcerieri, i detenuti politici e comuni rinchiusi nel carcere di Via dei Martiri riuscirono ad evadere. Inseguiti da pattuglie tedesche con il supporto di manipoli di fascisti, furono in gran parte abbattuti con le armi; gli altri, catturati, finirono impiccati agli alberi di Via Medolino. I primi conflitti a fuoco nella penisola istriana avvennero quello stesso giorno contro due colonne tedesche: una scendeva da Trieste verso Parenzo e Rovigno lungo la costa occidentale con l'intento di raggiungere Pola (dove riuscì infatti ad arrivare); un'altra, partita da Pola, cercava di salire lungo la costa orientale.

I primi caduti fra gli insorti, purtroppo numerosi, furono italiani e croati, massacrati nei pressi di Tizzano, a nord di Parenzo, poi presso il Canale di Leme a nord di Rovigno e infine sulla strada che da Dignano porta a Pola. Gli scontri con la seconda colonna, che invece fu respinta, si ebbero sulla strada tra Arsia e Piedalbona ed a Berdo presso Vines sempre nell'Albonese. Si trattava di distaccamenti della 71ma Divisione germanica, circa 300 uomini. Presso Tizzano i caduti fra gli insorti furono ben 84, dei quali pochi uccisi in battaglia, tutti gli altri trucidati dopo la cattura. Fra i massacrati ci furono alcuni soldati "regnicoli", tutti gli altri erano giovani croati e italiani del Parentino. Tutti italiani furono invece i 16 caduti rovignesi che tentarono di fermare la colonna dapprima sul Leme e poi nei pressi di Dignano. In gran parte italiani, infine, furono i 43 caduti nelle file degli insorti che, al comando di Aldo Negri, si opposero alla colonna tedesca presso Arsia e Vines nella zona di Albona. Nonostante queste perdite, l'Istria intera ad eccezione di Pola, Dignano, Fasana e isole di Brioni occupate dai tedeschi il 13 settembre grazie al cedimento dei comandi militari italiani, cadde sotto il controllo degli insorti che entro il 14 settembre costituirono ovunque i Comitati popolari di liberazione (CPL), quali organi amministrativi della Resistenza in sostituzione dei Podestà e dei Commissari governativi italiani.

In concomitanza con l'insurrezione, ma soprattutto dopo gli scontri del 13 settembre, cominciarono gli arresti dei gerarchi fascisti, di podestà e di altri funzionari ma anche di semplici iscritti al fascio da parte degli insorti sia per iniziativa di singoli che per ordine dei vari CPL. Fra gli arrestati -e gli arresti avvennero anche su denuncia di persone convertitesi all'ultima ora alla causa del Movimento di Liberazione- vi furono persone indicate come responsabili di collaborazionismo con l'occupatore tedesco per aver guidato, o in altro modo aiutato, le due colonne germaniche nella loro marcia e nel corso degli scontri. I primi e più massicci arresti avvennero nelle zone di Rovigno e di Albona dove il comando del movimento insurrezionale e partigiano fu assunto da comunisti affiliati al PC italiano, a Parenzo e dintorni e nel Pisinese.

La maggioranza degli arrestati era formata da quei gerarchi fascisti locali che si erano meritati l'odio delle popolazioni vittime delle loro persecuzioni e vessazioni pluriennali.

Nel mucchio capitarono però anche "fascisti" che non avevano colpe da espiare o con i quali i delatori avevano antichi conti personali da regolare. I vendicatori, ovviamente, si servirono pretestuosamente degli slogan e dei simboli della Resistenza e del comunismo. Gli arresti, preludio degli efferati anche se non progettati infoibamenti, avvennero quasi tutti fra il 13 e il 25 settembre. A questo proposito per la prima volta in versione italiana, presenterò qui un documento di provenienza croato-ustascia, uscito cioè dagli archivi dell'ex cosiddetto Stato indipendente di Croazia, creato dal Poglavnik ovvero Duce fascista croato Ante Pavelic con l'aiuto di Mussolini e Hitler e durato dal 10 aprile 1941 all'8 maggio 1945. Il documento è stato rintracciato dallo storico Antun Giron di Fiume, da oltre tre decenni impegnato presso il Zavod za povjesne i drustvene znanosti, Istituto di scienze storiche e sociali, dell'Accademia croata di arti e scienze.

Lo studioso ha pubblicato il documento sulle pagine della rivista "Vjesnik PAR" -N.37/1995. Si tratta di un rapporto segreto relativo ai fatti accaduti in Istria nel settembre-ottobre 1943, scritto il 28 gennaio 1944 dal prof. Nikola Zic, un pubblicista croato nato a Villa di Ponte (Punat) sull'isola di Veglia nel 1882. In quel periodo lo Zic lavorava per i servizi di informazione del Ministero degli Esteri dello Stato croato. Secondo Zic, "il popolo considerava la rivolta popolare solamente dal punto di vista nazionale croato".
La sua relazione continua riandando ai primissimi giorni dell'insurrezione istriana: "All'inizio a nessun Italiano è stato fatto nulla di male. I partigiani avevano diramato l'ordine che non doveva essere fatto del male a nessuno. Ma qualche giorno dopo lo scoppio della rivolta popolare (e cioè il 13 settembre, N.d.T.) alcuni corrieri a bordo di motociclette sidecar hanno portato la notizia che i fascisti di Albona avevano chiamato e fatto venire da Pola i tedeschi in loro aiuto e questi avevano aperto il fuoco contro i partigiani. Poco dopo si è saputo che i tedeschi erano stati chiamati in aiuto anche dai fascisti di Canfanaro, Sanvincenti e Parenzo, fornendogli informazioni sui partigiani. Rispondendo alla chiamata è subito arrivata a Sanvincenti una colonna tedesca. Tutte queste voci hanno creato una grande avversione verso i fascisti. Essi ci tradiranno! si sentiva dire dappertutto. Pertanto partigiani e contadini hanno cominciato ad arrestare e imprigionare i fascisti, ma senza alcuna intenzione di ucciderli. I partigiani decisero di fucilarne soltanto alcuni, i peggiori, ma anche molti fra questi sono stati salvati grazie all'intervento dei contadini croati e ancor più dei sacerdoti".

A questa affermazione del relatore ustascia va aggiunta una precisazione: per la liberazione delle persone arrestate fu decisivo l'intervento presso i capi partigiani del vescovo di Parenzo e Pola, Mons. Raffaele Radossi. La relazione Zic prosegue informandoci della sorte di coloro che rimasero in carcere - le prigioni principali gestite dai partigiani istriani erano quelle di Albona, Pinguente e Pisino - sottoposti a interrogatori e giudizi dei "tribunali del popolo". "Purtroppo quando, alcuni giorni più tardi, cominciarono ad avanzare i reparti germanici, i partigiani vennero a trovarsi nell'impaccio, non sapendo dove trasferire i prigionieri fascisti per non farli cadere nelle mani dei tedeschi. In questo imbarazzo hanno deciso di ammazzarli. Ne hanno uccisi circa 200 gettandone i corpi nelle foibe. Tuttavia molti altri fascisti sono riusciti a scappare raggiungendo Pola e Trieste, rivolgendosi ai Tedeschi per aiuto. Stando a quanto si è saputo in seguito, i fascisti istriani avrebbero informato i tedeschi che nella sola Pisino si trovavano 100 mila partigiani; in verità ce n'erano forse in tutto un paio di centinaia. A questo punto il Comando germanico ha deciso di rastrellare l'Istria inviando nella regione alcune divisioni SS corazzate".

Il rapporto prosegue enumerando i massacri compiuti dai tedeschi fino alla metà di novembre da un capo all'altro dell'Istria, ma noi per ora ci fermiamo qui. Avremo occasione di tornare al documento in seguito. La cifra riferita dallo Zic è largamente incompleta. Stando a una dichiarazione rilasciata alla fine di gennaio 1944 dal segretario del Partito fascista repubblicano e pubblicata dalla stampa della RSI dell'epoca, in Istria finirono infoibate dagli insorti 349 persone, in gran parte fascisti. Ora è vero che l'alto gerarca ci teneva ad arricchire il martirologio dei "combattenti per la causa" del fascio littorio, ma gli va pur riconosciuto il merito di non aver esagerato come fanno certi "storici" odierni simpatizzanti di quel regime: quella era la cifra che all'epoca si dava per accettabile. Oggi siamo addirittura propensi a considerarla inferiore alla realtà. Un'altra considerazione da fare a proposito della relazione Zic riguarda gli arresti dei fascisti. Essi non cominciarono il 14 o 15 settembre come si potrebbe dedurre da quel documento (e cioè dopo gli scontri di Tizzano, Leme, Albona e Vines) bensì alcuni giorni prima, l'11 settembre; le prime esecuzioni sommarie, invece, ebbero luogo il 18 dello stesso mese. Secondo lo storico Giron, "le fucilazioni venivano eseguite dopo gli interrogatori ed a conclusione di processi sommari collettivi, oppure senza essere preceduti nemmeno da un procedimento istruttorio. I cadaveri dei fucilati venivano gettati nelle grotte carsiche, oppure nelle vecchie cave delle miniere di bauxite".

Le foibe con i resti mortali di persone uccise tra il 18 settembre e i primi giorni dell'offensiva tedesca (sferrata nella notte tra l'1 e il 2 ottobre) vennero esplorate dai vigili del fuoco di Pola, a più riprese, alla presenza di autorità militari tedesche, a cominciare dalla zona di Vines il 21 ottobre 1943, fino al gennaio 1944 quando si era ormai conclusa l'offensiva "Istrien", durante la quale le SS, appoggiate da gruppi di fascisti italiani uccisero circa 3 mila persone, appiccando il fuoco a circa mille case e deportando alcune migliaia di istriani, pochi dei quali sono tornati fra i vivi. (Il 7 ottobre, il Comando germanico, comunicando di aver portato a termine il grande rastrellamento, comunicò testualmente: "Sono stati contati i corpi di 3.700 banditi uccisi (...) Altri 4.500 sono stati catturati, fra cui gruppi di soldati e ufficiali italiani".

Il 13 ottobre un altro comunicato parlava invece di 13.000 banditi "uccisi o fatti prigionieri" . Ma era una esagerazione). Le foibe esplorate dai pompieri di Pola, oltre a quelle di Vines, furono quelle di Barbana, Gimino, Lindaro, Surani, Castellier, Carnizza ed alcune altre. Ma non tutti i fucilati finirono nelle foibe. D'altra parte non va taciuto il fatto che numerose persone arrestate e imprigionate a Pinguente e Villanova (Nova Vas) non subirono procedimenti istruttori né furono fucilate. A Pinguente furono trascinati oltre 100 gerarchi fascisti rastrellati a Capodistria, Isola e Umago il 26-27 settembre dagli uomini della II Brigata istriana: furono tutti liberati alla notizia che stavano arrivando i tedeschi. Nei dintorni di Pisino, invece, agenti dell'OZNA (Distaccamento per la difesa del popolo) fucilarono negli stessi giorni alcuni "narodnjaci" croati che avevano massacrato per vendetta alcuni italiani. Va anche detto che nella zona tra Rovigno, Orsera e Parenzo, e ad Albona, una cinquantina di persone tutti italiani furono arrestate per decisione dei capi "rivoluzionari" italiani del luogo.

A Rovigno, città compattamente italiana etnicamente, i militanti del PC italiano costituirono un "Comitato Rivoluzionario Partigiano" composto da Aldo Rismondo, Egidio Caenazzo, Mario Cherin, Giusto Massarotto, Mario Hrelja, Antonio Braicovich, Paolo Poduje, Pino Budicin, Francesco Poretti, Riccardo Daveggia e Giovanni Pignaton. Una delle misure "rivoluzionarie" prese da quel comitato fu la compilazione di una lista di fascisti locali maggiormente distintisi come persecutori, in tutto 18, che vennero subito arrestati e portati al Comando partigiano nella sede dell'ex Casa del Fascio. Dopo l'interrogatorio sul posto, i prigionieri furono trasportati a Pisino dove insieme ad altri fascisti di nazionalità italiana e croata in precedenza catturati nelle varie località istriane furono condannati a morte dal Tribunale del popolo. Saranno giustiziati alcune ore prima dell'arrivo dei tedeschi all'inizio di ottobre.

Dal volume del Rocchi apprendiamo poi di 55 salme estratte "a grappoli di tre quattro" dalla foiba di Terli scandagliata dai pompieri di Pola il 1° novembre, ma qualche riga più avanti l'autore si contraddice presentandoci cifre diverse: "delle 27 vittime vengono riconosciute 25" e passa ai nomi: tre sorelle Radecchi (Radeki, famiglia croata) di Polje (Lavarigo) presso Pola: Fosca di diciassette anni, Caterina di diciannove e Albina di ventuno, quest'ultima in stato di gravidanza, che erano state arrestate il 1° ottobre (e seguono i nomi degli altri infoibati. N.d.R.).


  

verita nascoste

non far sapere agli italiani



Tra le salme estratte dalla foiba di Surani c’era quella della studentessa universitaria Norma Cossetto (cognome italianizzato, erano croati), ventiquattro anni da Santa Domenica di Visinada, figlia di Giuseppe Cossetto, ex segretario del Fascio di Santa Domenica di Visinada e nipote dell’ammiraglio Cossetto che nel 1945 firmerà una lunga testimonianza sul sacrificio della giovane catturata il 25 settembre da un gruppo di uomini che il giorno precedente avevano saccheggiato la sua abitazione.

Condotta dapprima a Visignano, fu trasferita a Parenzo e successivamente ad Antignana, dove fu violentata e torturata da diciassette esaltati ubriachi e quindi gettata nuda nella vicina foiba di Surani. Durante gli interrogatori subiti si rifiutò tenacemente di rinnegare la sua militanza fascista (suo padre Giuseppe Cossetto, proprietario terriero, era stato Commissario governativo delle Casse Rurali della Provincia e per lunghi anni Podestà oltre che segretario del Fascio di S. Domenica di Visinada e tra i massimi gerarchi del regime in Istria) e respinse pure tutte le offerte fattele di assumere mansioni direttive nel movimento partigiano. E questo, stando a quanto detto all’autore di questo saggio da un suo parente residente a Fiume, Silverio Cossetto, scatenò il furore dei violentatori.

Il padre di Norma, che poche ore prima era accorso insieme al sottotenente del genio Mario Bellini, suo parente, per chiedere la liberazione della figlia, rimase ucciso insieme all’ufficiale in un agguato, di sera, all’ingresso del paese. I loro cadaveri, come già detto, finirono nella foiba di Castellier di Visinada. Dei diciassette torturatori di Norma, sei caddero nelle mani di un manipolo di fascisti repubblichini istriani nel dicembre dello stesso anno. Costretti a passare l’ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria del locale cimitero per vegliare la salma in decomposizione della loro vittima, tre impazzirono. All’alba, senza aver subito alcun processo, furono fucilati insieme ad altri tre a raffiche di mitra.

Finora nessuno, storiografo o no, è riuscito a stabilire neppure approssimativamente, il numero delle vittime dell’insurrezione popolare in Istria nel 1943. Si va da qualche centinaio, o "alcune centinaia", ad alcune migliaia. All’epoca della guerra le cifre variarono dai "circa 200 prigionieri fascisti" uccisi dai partigiani (relazione Zic) e dalle 349 persone finite infoibate secondo la dichiarazione dell’alto gerarca repubblichino, fino alla valutazione 450-500 vittime fornita da un rapporto dei pompieri istriani che più avanti citeremo.
Nel dopoguerra la danza delle cifre si è fatta invece sfrenata.

Lo storico Mario Pacor afferma che nelle foibe istriane finirono da 400 a 500 persone, ancorandosi così al documento dei vigili del fuoco. Si arriva poi agli "oltre 4000 italiani" deportati, dei quali "molti furono uccisi dopo procedimenti sommari e precipitati nelle Foibe" come si esprime l’Enciclopedia Treccani, la quale però si riferisce anche al periodo maggio-giugno 1945 nelle provincie di Gorizia e Trieste. In periodi a noi vicini, nel volume "Storia di un esodo" curato da C. Colummi bolognese, L. Ferrari e G. Trani goriziani, e G. Nassisi leccese, edito dall’Istituto regionale per la Storia del movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia (Trieste 1980) sono state denunciate: "l’assoluta mancanza di riflessione (in Italia) su ciò che rappresentò il fascismo in queste terre";
"una radicata diffidenza verso le popolazioni di ceppo slavo". Anche qui viene nuovamente scritto che gli infoibati furono "alcune centinaia", vittime di "uno scoppio improvviso di odi e di rancori a lungo repressi".

Negli anni, soprattutto nei periodi di crisi e di aspre polemiche nei rapporti italo-jugoslavi, è accaduto che, mentre da parte jugoslava veniva calata una pesante pietra tombale sulle foibe e l’argomento diveniva tabù, la destra italiana rispolverava gli antichi slogan dell’irredentismo e del fascismo contro gli "slavo-bolscevichi" istriani e riscriveva pari pari quanto la stampa fascista istriana scrisse nel 1943-1944 in occasione dell’esumazione delle salme dalle foibe e quanto i nuovi gerarchi posti dai tedeschi alla testa dei municipi scrissero nei manifesti annuncianti la commemorazione degli istriani "trucidati nel breve, infausto periodo dell’anarchia anti-italiana". Via via andarono gonfiandosi il lievito delle cifre e inasprendosi le accuse; le esagerazioni, condite anche di menzogne, furono il pane quotidiano delle polemiche. Ai giorni nostri si sono toccati livelli incredibili.

Così oggi, fonti della sinistra concedono che "furono circa 2.100 le persone (militari e civili) eliminate, la maggior parte senza un processo regolare", comprendendo nella cifra sia le vittime del settembre-ottobre ‘43 in Istria sia quelle del maggio-giugno 1945 a Trieste e Gorizia, mentre la parte politica opposta è arrivata alla cifra "esatta" di 16.500! È quella che si legge nell’"Albo d’oro dei caduti della Venezia Giulia e Dalmazia" nella seconda guerra mondiale, curata da Luigi Papo de Montona, presentata il 28 agosto 1996 nella sede dell’Unione degli Istriani a Trieste. La cifra dei sedicimila e passa si riferirebbe alle "vittime militari e civili, della repressione slavo-comunista tra l’8 settembre ‘43 e il dopoguerra".
Il dato, come ammette lo stesso curatore è basato in buona parte su " stime approssimative e non sui cadaveri rinvenuti". Le salme esumate in Istria, Venezia Giulia e Dalmazia nell’intero periodo indicato furono 994 !!! Il Papo vi ha aggiunto "altre 326 vittime accertate, 5.643 vittime presunte e 3.174 vittime nei campi di concentramento". La somma di 10.317 ottenuta viene ancora "arrotondata" con l’aggiunta di altri 6.363 dispersi! E questi, a differenza dei dispersi che si hanno in tutte le guerre, in Istria e Venezia Giulia diventano ipso facto vittime delle foibe secondo il curatore di quell’Albo che scrive: "Ma sono ben 37 le foibe, le fosse e le cave di bauxite per le quali non è stato possibile alcun accertamento", quindi si dà per scontato che "anche lì furono compiuti altri massacri" sicché "non possiamo che confermare che le vittime militari e civili per mano slavo-comunista furono non meno di 16.000".

Di fronte alle esagerazioni ed alle strumentalizzazioni della destra, come si è comportata la storiografia italiana di sinistra? Per quella italiana legata al movimento resistenziale jugoslavo è stato più facile ammettere a più riprese, che anche i partigiani titini commisero "errori" e crimini, in gran parte giustificandoli. E sono state presentate giustificazioni abbastanza accettabili. Di gran lunga più accettabili di quelle che, per lunghi anni, sono venute da parte croata e slovena, direttamente coinvolta e fin troppo criminalizzata, perciò costretta su posizioni di rabbiosa difesa. Emblematica è una circolare diramata il 29 agosto 1944 dalla Sezione italiana del Comitato regionale del Partito comunista della Croazia, nella quale si davano direttive per la celebrazione dell’insurrezione popolare istriana. Nell’occasione fu toccato anche il problema delle foibe e il modo per controbattere la propaganda nemica che da un anno sfruttava l’argomento. Dopo aver minimizzato le stragi e respinto con sdegno l’accusa della propaganda reazionaria secondo cui sul finire dell’estate ‘43 si sarebbe tentato " di distruggere gli italiani dell’Istria", la circolare recitava: "Noi sappiamo benissimo che nelle foibe finirono non solo gli sfruttatori e assassini fascisti italiani ma anche i traditori del popolo croato, i fascisti ustascia e i degenerati cetnici. Le foibe non furono che l’espressione dell’odio popolare compresso in decenni di oppressione e di sfruttamento, che esplose con la caratteristica violenza delle insurrezioni popolari ".

Uno storico triestino della Resistenza, Galliano Fogar, va giù duro scrivendo di "violenze di alcuni esponenti partigiani slavi che suscitano il terrore" nell’Istria del settembre 1943. I massacri delle foibe, "dopo sommari processi, hanno il carattere di rappresaglia brutale". "Nazionalismo e socialismo diventano sinonimi della guerra al nemico".
"Uno degli obiettivi che alcuni esponenti slavi vogliono conseguire il più presto possibile, è la distruzione della classe dirigente istriana, quasi tutta italiana". La "responsabilità delle violenze e delle uccisioni indiscriminate ricade generalmente sulla volontà, sulla tolleranza e sulla complicità di singoli dirigenti politici e militari, talora improvvisati, che lungi dal comportarsi come soldati pionieri di libertà e di giustizia, furono apportatori di persecuzioni".

Tra le vittime ci furono operai, contadini, piccoli funzionari, insieme a gerarchi e manganellatori; quindi scriverà Cesare Vetter "gli infoibamenti furono soprattutto l’esito violento della rivolta contadina contro fascisti e italiani vissuti come padroni" e "furono certamente atti irrazionali e crudeli". Perfino P. Flaminio Rocchi, che nel suo libro raccoglie il fior fiore della violenza verbale dei cronisti e storiografi fascisti contro i partigiani, e scrive dalla sponda della diaspora istriana antislava, finisce per concludere le sue considerazioni col dire che "si tratta di episodi locali, causati spesso da bande incontrollate" che crearono comunque in Istria un’atmosfera di incubo. E non soltanto fra gli italiani. Tra i documenti da noi consultati c’è un rapporto del 41º Corpo dei Vigili del Fuoco di Pola comandato durante la seconda guerra mondiale dal maresciallo Arnoldo Harzarich, impegnato per diversi mesi, come già accennato, nell’esplorazione delle foibe e nel recupero delle salme.

Intanto va precisato che l’Harzarich, dopo aver abbandonato Pola verso la fine di aprile del 1945, nel momento in cui le truppe jugoslave dilagate in Istria avanzavano verso la città dell’Arena, raggiunse Trieste e successivamente il territorio amministrato dal Governo Militare Alleato in Italia. Tornò a Pola quando la città fu ceduta provvisoriamente agli alleati (giugno 1945-estate 1947), ed ai funzionari del Governo Militare Alleato rilasciò una lunga testimonianza su tutte le operazioni di recupero delle salme dalle foibe compiute dal suo reparto. Quella testimonianza – "Relazione di un sottufficiale dei VV.FF. del 41° Corpo di stanza a Pola" fu stilata dall’Ufficio "J" del Gma in data 12 luglio 1945 (si trova negli archivi dell’Istituto per la storia del Movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia a Trieste) e risente fortemente del clima dominante nel periodo in cui fu dettata, contrassegnata da accesi scontri politici fra filotitini e loro avversari, un clima nel quale, per esigenze propagandistiche, furono rispolverati anche gli eccidi delle foibe.

Nella sua relazione, peraltro "tecnicamente" corretta, Harzarich si servì anche dei documenti di provenienza fascista dello autunno 1943, epoca in cui le esplorazioni delle foibe furono fortemente pubblicizzate dalla radio e dalla stampa nazifascista anche per giustificare i massacri delle SS nella penisola e per sviare l’attenzione da quei sanguinosi rastrellamenti. Il rapporto di Harzarich menziona pressoché tutte le foibe esplorate da Vines, Terli, Castellier, Gimino, Surani, Cregli, Carnizza alle altre. Alcune risultarono vuote, in altri casi furono trovati i resti mortali di persone scomparse o arrestate dagli insorti nel settembre-ottobre 1943 ma anche carcasse di animali. Complessivamente furono estratte 203 salme, delle quali 121 identificate. Sempre secondo quel documento, tuttavia, le vittime istriane della rivolta popolare erano da calcolare a "non meno di 460 e non più di 500".
Queste cifre, spiegava il testimone, si ottenevano sommando agli infoibati le persone date come disperse nelle varie località istriane, 19 civili fucilati e gettati in mare nei pressi di Santa Marina di Albona e un numero approssimativo di corpi che non avevano potuto essere recuperati dalle cavità carsiche in quanto in alcune di esse, le più profonde, era stato impossibile raggiungere tutte le salme per insormontabili difficoltà tecniche. Il recupero fu parziale per le foibe di Cregli, di Barbana (Carnizza), di Semi (Semici) e di Castel Lupogliano. Più volte, a proposito di foibe, è stata posta la domanda se le condanne a morte seguite da fucilazioni e infoibamento di cadaveri o in altro modo barbaro – scaturirono da processi o no.

Fornirò in proposito le risposte date da due storici fiumani, l’italiano Luciano Giuricin e il croato Antun Giron, gli unici che, insieme al sottoscritto, hanno finora affrontato l’argomento in Croazia. Raccolsi e pubblicai le loro dichiarazioni sul tema nel già citato testo "Cadaveri scomodi". Antun Giron ricorda che il Governo partigiano, ovvero "il Consiglio antifascista di liberazione della Croazia (Zavnoh) raccomandava nelle sue direttive la celebrazione dei processi", che però non sempre avvenivano perché in quella guerra guerrigliata "con il nemico alle spalle, si aveva il fiato corto e si ricorreva a soluzioni rapide".

Consultando i pochissimi documenti finora disponibili in Croazia ci si rende conto - è sempre Giron a dirlo - che "non veniva applicata una procedura univoca" a carico delle persone catturate, facendo capire che molte di esse venivano liquidate sol perché un commissario o chi per lui troppo "rivoluzionario" e poco scrupoloso decideva che bisognava liquidarle e basta.
E questa è una delle ragioni per cui "si stenta a fornire interpretazioni di quei tristi fatti". Dice ancora Giron: "Bisognerebbe scavare nei documenti e nei resoconti dei servizi informativi che per conto dello Zavnoh operavano durante la resistenza". Documenti tuttora inaccessibili. A sua volta Giuricin, percorrendo anche sentieri interpretativi indicati già nel corso della Resistenza, spiega:

"Le violenze del 1943 in Istria esplodono sull’onda di un’insurrezione popolare per molti aspetti spontanea, densa di entusiasmo patriottico nazionale e di riscatto sociale, che assume risvolti di una tipica rivolta contadina per le masse croate, ma anche proletaria nelle zone minerarie, industriali e cittadine dove prevale l’elemento italiano, contro l’odiato stato fascista appena crollato e come risposta alla ventennale politica di sopraffazione e snaturalizzazione. La resa dei conti, considerata necessaria da tempo da tutti i partiti antifascisti italiani in esilio e in particolare dal Movimento popolare di liberazione, si fa subito sentire con i primi arresti, anche indiscriminati, avvenuti in quasi ogni località dell’Istria sotto la pressione dei rivoltosi e di non pochi elementi estremisti e facinorosi, approfittando del vuoto di potere e del caos venutosi a creare quasi dappertutto".

Ricorda che nella sua Rovigno un gruppo di estremisti di sinistra si autodeterminò "Guardie della Rivoluzione", costituendo una specie di corpo di polizia denominato "Ceka" sull’esempio della polizia segreta bolscevica creata durante la rivoluzione d’ottobre in Russia: "I massimi esponenti del comitato partigiano rovignese, con Pino Budicin e Giusto Massarotto in testa, ebbero un bel da fare per neutralizzare l’azione di questi avventurieri e far sì che gli arresti fossero limitati ai soli fascisti responsabili di precise colpe durante il ventennio".

Le persone arrestate a Rovigno, stando sempre alla testimonianza di Giuricin, che all’epoca era un giovanissimo partigiano ed agiva sul posto, "dopo attento vaglio furono inviate a Gimino e quindi a Pisino dove dovevano essere raggruppate a quelle provenienti da tutta l’Istria e giudicate da appositi tribunali popolari". Un tanto era stato concordato e garantito in precedenza sulla base delle disposizioni dello Zavnoh e delle raccomandazioni del Cpl regionale istriano del 13 settembre, secondo le quali la punizione dei criminali fascisti doveva essere decisa mediante regolari processi, "impedendo giustizie arbitrarie e vendette personali". Queste direttive "furono eseguite solo in parte" a causa della rapida e sconvolgente avanzata delle truppe motorizzate tedesche che tutto travolgono davanti a sé, seminando la morte e distruzioni, con barbari eccidi, incendi, fucilazioni in massa di inermi cittadini nella seconda metà di ottobre.

In questo momento di panico generale, con le unità partigiane appena costituite, allo sfascio e disperse, alcuni comandanti di reparti minori decidono di "liberarsi dal peso dei prigionieri", e vengono compiuti quelli che Giuricin definisce giustamente "gli orrendi misfatti delle foibe da parte dei carcerieri e degli uomini senza scrupolo incaricati di eliminarli al più presto senza lasciare traccia".
Sull’argomento esiste una relazione testimonianza dell’allora capitano del Poc (Partizanski obavjestajni centar), il Servizio informativo partigiano, Zvonko Babic che, per incarico del Comando del Litorale croato e dell’Istria compì un giro di ispezione nella penisola subito dopo l’offensiva nazista. Nel suo rapporto, datato 6 novembre 1943, egli scrisse che "la lotta contro i nemici del popolo" era stata condotta in maniera "radicale" in certe zone, in altre fiaccamente, evidenziando però anche "deviazioni". Così in certe località erano stati gli stessi comandi partigiani ad impedire le esecuzioni, al punto da inviare informazioni che affermavano l’avvenuta liquidazione dei condannati, cosa che non rispondeva al vero; là dove le liquidazioni erano veramente avvenute, non tutti gli arrestati erano finiti nelle foibe, ma erano stati liberati dalle truppe germaniche oppure erano rimasti uccisi sotto i bombardamenti tedeschi.

Risultò ancora che gli incaricati diretti della cattura dei fascisti non conoscevano affatto i veri "nemici del popolo", e mancavano dati precisi sulla loro colpevolezza. Le zone meglio "ripulite", sempre secondo la relazione Babic, risultarono quelle di Gimino e l’agro Parentino. Il Babic sottolineò pure che tra gli arrestati figurava un sacerdote che era stato rimesso in libertà dopo l’intervento diretto del vescovo di Parenzo e Pola, monsignor Raffaele Radossi. Secondo Giron, è da escludere che il movente di una parte degli arresti e delle liquidazioni di "nemici del popolo" sia stato l’odio nazionale, ovvero il sentimento anti-italiano di certi capi partigiani croati. Su questa base, non ci sarebbero state vendette. Sta il fatto, però, che nel settembre 1943, di fronte alle violenze compiute dagli insorti si diffuse una grande paura fra larghi strati della popolazione di etnia italiana in Istria, come viene rilevato anche dalla relazione del dott. Oleg Mandic, nativo di Abbazia presso Fiume, esponente dello Zavnoh, inviato nel 1944 in Istria dal governo partigiano della Croazia.

Ancora in quell’anno egli scrisse "una certa dose di timore gli italiani l’avevano al ricordo del giudizio sommario a cui i partigiani sottoponevano i fascisti e di cui queste popolazioni sono state testimoni involontari". Qui si parla di fascisti, nel rapporto del Babic di "nemici del popolo".

Nessuno dei due scrive a chiare lettere che, purtroppo, finirono uccisi anche degli innocenti, vittime di basse vendette personali, e tuttavia la relazione Babic lo fa capire. In essa si afferma che da una foiba furono estratte, fra le altre, le salme di tre giovani sorelle fra i diciassette e i ventun anni, una delle quali incinta, insieme al cadavere di un ragazzo diciottenne trucidato insieme al padre. Il riferimento è alla foiba di Lindaro. Tra gli infoibati di Albona troviamo Giacomo Macillis, noto per essere stato uno degli esponenti della rivolta antifascista dei minatori del bacino carbonifero di Arsia nel marzo-aprile1921. Più tardi verrà liquidato pure Lelio Zustovich, massimo dirigente dell’organizzazione albonese del Partito comunista italiano sin dalla sua costituzione, "colpevole" per essere venuto in contrasto con gli esponenti del Partito comunista croato e da essi, perciò considerato un ostacolo allo sviluppo della "linea" del Movimento popolare di liberazione in Istria.

Abbiamo già detto che i drammatici episodi delle foibe furono reclamizzati con descrizioni a tutta pagina dai giornali fascisti che seguirono giorno dopo giorno le esplorazioni delle voragini carsiche compiute dai vigili del fuoco, cercando di attizzare l’odio antipartigiano e di mobilitare nuove reclute nelle sparute file repubblichine al fianco dei nazisti.
Non mancarono tuttavia preoccupazioni e denunce in seno allo stesso Movimento di liberazione. Nella prima conferenza dei comunisti istriani svoltasi a Brgudac nel novembre 1943; presenti 500 delegati, il massimo esponente italiano del Mpl istriano e membro dello Zavnoh, Pino Budicin, rivolse una dura critica ai dirigenti del Partito comunista croato per i selvaggi infoibamenti e, come si esprime Giuricin, per "alcuni altri incresciosi incidenti di stampo nazionalista", anti-italiano, registrati durante l’insurrezione istriana. Quegli "incresciosi incidenti" stavano causando "un certo disorientamento tra l’elemento italiano dell’Istria", sostenne Budicin, "e non pochi danni al Movimento di liberazione stesso".

Alle critiche di Budicin fu risposto che non era quello il momento di spargersi la cenere sul capo e di dare la caccia a quei partigiani che si erano macchiati di colpe. Bisognava invece salvaguardare l’unità del movimento resistenziale, senza sacrificare nessun attivista e dedicare tutti gli sforzi unicamente alla lotta contro i nazisti e i loro collaborazionisti impegnati nell’operazione delle Divisioni SS "Prinz Eugen" e "Leibstandarte Hitler", unità queste che stavano mettendo a fuoco l’Istria intera devastando, incendiando, saccheggiando, massacrando e deportando.

Sul caso delle foibe prese la parola in quell’occasione anche Antonio Vincenzo Gigante detto Ugo, brindisino, già membro del Cc del Pci, riparato in Istria dopo essere fuggito da un campo di internamento insieme ad alcuni croati. Pur condividendo le tesi del compagno connazionale istriano, "Ugo" concluse: "Lasciamo stare, ora è il momento di battere i tedeschi!". Uno dei punti all’ordine del giorno della consultazione era, infatti, la "mobilitazione degli italiani nel Movimento popolare di liberazione". Pochi mesi dopo, l’8 febbraio 1944, Giuseppe Budicin -Pino ed Augusto Ferri detto il Bolognese, anche questi alto dirigente della Resistenza istriana, ex ufficiale dell’Esercito italiano di occupazione in Croazia, caddero in mano ai fascisti repubblichini per la spiata di un collaborazionista croato in camicia nera, subirono inenarrabili torture dai fascisti rovignesi e sotto le torture morirono. Qualche mese dopo, nel luglio 1944, l’argomento foibe fu sollevato anche dal Clnai, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, presso il quale era accreditato in rappresentanza dell’Esercito popolare di Liberazione jugoslavo lo sloveno Anton Vratusa-Urban.

Inviando al Clnai una relazione di risposta sull’argomento "Urban" parlò di "singole irregolarità" verificatesi nei giorni di settembre 1943 in Istria, definendole "fenomeni marginali dovuti in maggioranza a singoli elementi locali irresponsabili, infiltratisi nel nostro movimento". Relazione reticente; è chiaro. Ma gli infiltrati certamente ci furono in Istria e altrove. Gli infoibamenti, tuttavia, non furono semplici "irregolarità". Riscrivo qui il breve racconto apparso sul quotidiano "La Voce del Popolo" di Fiume il 26 luglio 1990, a firma di "lama" (Laura Marchig) sotto il titolo: Storia di Libera e di suo padre:

"Nella memoria della gente della valle di Cepic è rimasta la figura di Libera Sestan, una giovane donna di Novako, un paese del comune di Pisino. Era nata nel 1919 e all’epoca aveva 24 anni. Libera era bellissima e, raccontano, aveva un animo dolce e sensibile. La sua era una famiglia benestante che certo suscitava l’invidia di molti. Si era sposata con un ufficiale dei carabinieri e aveva due figlie piccole. Era solita recarsi molto spesso a Pisino, per fare compere o concludere qualche affare, abitudine che gli abitanti delle campagne attorno alla cittadina hanno mantenuto anche oggi. Questo però fu sufficiente e pretesto a un suo parente, Veljko Sestan, partigiano, per dichiararla spia e nemica del popolo. Andò a prelevarla a casa, con un manipolo di suoi collaboratori, trascinando via con lei anche il padre. Dicono che li pregasse in ginocchio di permetterle di rivedere per un’ultima volta le sue piccine, ma le fu negato. Prima di gettarla viva, insieme al padre, nella foiba di Chersano, la malmenarono e le bruciarono i capelli. Il delitto non restò impunito. Un altro suo cugino, Ervin Sestan, che le era molto affezionato, impazzì quasi dal dolore. Subito dopo quei fatti, si unì per vendetta e per disperazione all’esercito tedesco. Dopo qualche tempo arrivò insieme ai tedeschi a prendere Veljko in casa. Veljko appena li vide tentò di scappare scavalcando la finestra sul retro e correndo via per i campi, ma Ervin sparando con una pistola dalla finestra riuscì a colpirlo alla testa e ad ucciderlo".

I nomi di alcuni feroci massacratori spacciatisi per partigiani a quell’epoca corrono ancora oggi sulla bocca degli istriani rimasti in Croazia. Il primo che raccolgo è quello dell’albonese Mate Stemberga, nato a San Bartolo. Si dice che sia stato lui a infoibare personalmente un avvocato di Albona, Pietro Milevoj (classe 1897), militante del partito fascista. Nell’intervista concessa alla giornalista de "La Voce del Popolo" Laura Marchig all’inizio di agosto 1990, una donna anziana di Vines così si espresse sullo Stemberga:

"No ghe mancava niente, el gaveva l’America a Vines. La sua era una famiglia molto ricca, erano possidenti, ma lui, non so perché, odiava i benestanti, i borghesi in genere, odiava tutti, e divenne il carnefice del movimento partigiano. Dicono che sia stato Stemberga il primo a gettare la gente nelle foibe. Ma mica solo nelle foibe: in mare, nelle grotte d’acqua salata vicino a Fianona. Ammazzava la propria gente. Fu lui, a capo di uno squadrone della morte, a raccogliere per le case di Albona parecchie decine di italiani, scelti fra quelli che egli conosceva, tra quelli che appartenevano alla piccola borghesia albonese. Diceva che questi, una volta arrivati i tedeschi, avrebbero potuto collaborare con loro. Li vennero a prendere di notte, li legarono insieme con del filo di ferro e li caricarono su una barca, poi li trasportarono al largo. Lì, a ognuno un colpo in testa e, via, in mare. Mate Stemberga era un criminale, ne ha accoppati tanti, ma tanti! Ha rovinato anche la mia famiglia".
"Per rappresaglia, quando vennero, i tedeschi ammazzarono la sua donna che era incinta. Suo fratello Tommaso morì anche lui, nelle carceri di Pola. Un altro fratello, Ive, e Katica moglie di Ive, finirono a Dachau. La madre invece rimase a Pola, come ostaggio, in prigione, fino a quando non acciuffarono il figlio e lo uccisero. L’unica ad essere stata risparmiata della famiglia Stemberga fu la cognata, moglie di Tommaso, che era incinta. Mate Stemberga morì come un cane. Lo presero mentre si nascondeva in una casa di Carbune dalle parti di Cepich. Si era infilato nel camino, ma gli videro i piedi che penzolavano e spararono".

La donna che ha fatto questo racconto ha voluto mantenere l’anonimato, ma ha aggiunto, tra i criminali infiltratisi nelle file partigiane, anche il suo ex marito, Mate Skopac, all’epoca Matteo Scopazzi.
"Lui stesso raccontò un giorno a mio nipote Rino di non sapere quanti ne aveva buttati in foiba. L’unico suo cruccio era di non essere riuscito ad ammazzare anche me, sua ex moglie... Tanti misfatti sono stati compiuti per odio, per vendetta. L’episodio più brutto che ricordo è lo sterminio della famiglia Faraguna, composta da cinque persone, di cui una bambina di pochi mesi. I Faraguna, detti Bembici, furono ammazzati dai Kos, una famiglia di Ripenda, un villaggio vicino. La solita apparente lotta fra comunisti e non comunisti, ma il motivo vero era l’invidia e l’odio. Accusarono i Faraguna di avere un tedesco in casa, il Paris, secondo marito della figlia. Li catturarono e li portarono a Smokvica, dalle parti di Fianona. Là li uccisero e gettarono i cadaveri nelle caverne con acqua salata che ci sono da quelle parti. A perdere la vita furono padre, madre, la loro figlia e il secondo marito di questa, La bambina invece l’ammazzarono più tardi, il corpicino fu trovato a parecchi chilometri di distanza".

Il racconto dell’anonima torna sull’ex marito, lo Skopac-Scopazzi, al quale la donna imputa pure l’assassinio di una certa Emma di Fianona, sposata con un italiano di Napoli che era sospettato di collaborare con i tedeschi. "Mario li andò a prendere con un camion, ve li caricò e li portò via. Spariti". Anche lo storico Luciano Giuricin ha fatto i nomi di alcuni "criminali infiltrati nel movimento partigiano", fra questi Mate Stemberga, "un vero e proprio sadico assassino", ed il rovignese Gregorio Budicin detto Trigambe "degno compare del primo" ed altri avventurieri che a guerra finita, scoperti, pagheranno il fio dei loro nefandi misfatti. Ciò detto, "non possono essere sottaciute - afferma Giuricin - le responsabilità di non pochi tra i massimi esponenti del Mpl di allora, effettivi mandanti" dei massacri.

L’esule istriano Gaetano La Perna, da molti anni collaboratore dei giornali della diaspora istriana ed autore del già citato libro "Pola Istria Fiume 1943-1945" (La lenta agonia di un lembo di terra) amplia il ventaglio dei nomi di cosiddetti malfattori e di responsabili. Secondo lui i principali "inquisitori, accusatori, giudici, carnefici, aguzzini e sicari che si resero tristemente famosi in tutta l’Istria per la loro azione" di liquidazione degli avversari furono: Ivan Motika, "il principale giudice del Tribunale del popolo di Pisino"; un non meglio identificato Beletich detto "Drago"; una lattivendola dei dintorni di Pisino di nome Tonka Antonia Surian.

E ancora: l’ex sergente dell’esercito italiano e già studente universitario a Padova, Ciro Raner con le sorelle Nada, Vanda e Lea; il rovignese Giusto Massarotto; il gobbetto Ivan Kolic detto il "terrore di Barbana" e Rade Poropat, barbanese pure lui; il maestro elementare Joakim Rakovac di Racozzi; i fratelli Silvio e Antonio Bencich di Sanvincenti (il primo sarà ucciso in un’imboscata da un tenente dei carabinieri); il capo della polizia partigiana dell’Istria centrale Giovanni Maretich e il suo collaboratore Benito Turcinovich (che sarà uno dei primi comandanti del battaglione partigiano italiano "Budicin") e l’immancabile Matteo Stemberga, "contrabbandiere molto noto nella zona" di Albona che "verrà ucciso per vendetta dal fascista Francesco Mizzan di Pisino la sera del 6 novembre 1943 a Villa Carbune in Valle di Pedena".

Dai documenti e testimonianze finora raccolti risulta: tra i giustiziati nell’insurrezione istriana ci furono anche non pochi innocenti, vittime di odi, rancori e vendette personali, ma nella loro maggioranza gli arrestati, sommariamente processati, giustiziati e gettati nelle foibe, lo furono non perché fossero italiani (alcuni certamente anche per questo semplice fatto) ma per aver commesso violenze e soprusi durante il ventennio – chi semina vento raccoglie tempesta – o per essersi macchiati di collaborazionismo e di spionaggio a favore degli invasori tedeschi all’inizio dell’insurrezione; fra i giustiziati vi furono numerosi croati; fra i "giustizieri" di italiani, fascisti e no, vi furono anche degli italiani.

I documenti e le testimonianze dimostrano ancora, senza ombra di dubbio, che i massimi organismi del movimento partigiano croato, a cominciare dallo Zavnoh, e gli stessi capi dell’insurrezione istriana sin dall’inizio diedero chiare direttive sul comportamento da tenere in Istria verso gli Italiani: evitare persecuzioni, non fargli alcun male. Poi, tra il dire e il fare... ci si misero i delinquenti infiltrati. Altrettanto abbondantemente dimostrato è il fatto che le pubblicazioni sulle foibe e gli elenchi dei cosiddetti infoibati e giustiziati di provenienza nazionalistica e neo e/o post-fascista italiana contengono inesattezze, esagerazioni e perfino falsificazioni; in altre parole, evidenziano la strumentalizzazione di cui è stato e continua ad essere oggetto oggi quel drammatico periodo della storia istriana. La strumentalizzazione, favorita dal lungo silenzio dell’altra parte, ha inevitabilmente fatto delle foibe il monumento alla divisione, al razzismo, all’intolleranza documenti e le testimonianze, esibiti dalla parte croata negli ultimissimi anni, anche se parziali, dimostrano d’altra parte che il problema delle foibe non è una mostruosa montatura dei fascisti, ma una reale, dolorosissima ferita ancora aperta (sulla quale i fascisti hanno speculato e speculano), un problema che merita la massima attenzione, studio, giudizi equilibrati, anche se non si possono mettere sullo stesso piano coloro che per decenni praticarono la violenza e infine la scatenarono, e quanti a quella violenza reagirono, talvolta con ferocia , nel momento storico della svolta.

È inaccettabile la tesi di coloro i quali mettono sullo stesso piano l’eccidio compiuto dai tedeschi alle Fosse Ardeatine di Roma e le vittime dell’insurrezione istriana di settembre.
Nel primo caso furono trucidati degli ostaggi chiaramente innocenti, estranei al fatto bellico per il quale furono massacrati. Nel caso dell’Istria furono per lo più arrestati, e poi giustiziati nelle circostanze dell’offensiva nazista, quei gerarchi, funzionari ed altre persone che, nell’imminenza della prevista calata dei tedeschi nella penisola istriana, sarebbero certamente passati al nemico, avrebbero collaborato (come molti, infatti, collaborarono) all’azione di sanguinosa repressione e di sterminio delle colonne d’invasione.

Va pure detto, infine, che – considerate nel contesto globale delle tragedie legate alla seconda guerra mondiale - le foibe istriane "hanno un peso marginale", a dirla con le parole dello storico triestino Giovanni Miccoli in una conferenza tenuta il 24 settembre 1996 a Opicina. Certo, valutato nel ristretto ambito dell’area istro-giuliana il fenomeno diventa una tragedia di ben altra portata. Tuttavia condivido il parere di Miccoli:
"E' necessario ridimensionare questo terribile capitolo storico" sul quale si è fatta "tantissima confusione".


Vogliamo sperare che, tenendo pur conto dei non pochi misfatti compiuti ai danni dei croati e sloveni istriani prima e durante la guerra, tenendo conto ancora del caos provocato dall’armistizio italiano e dalla insurrezione istriana nel quale non sempre fu possibile separare i colpevoli dagli innocenti, sia tuttavia fatta piena luce, tenendo pur conto dei non pochi misfatti compiuti ai danni dei croati e sloveni istriani prima e durante la guerra, tenendo conto ancora del caos provocato dall’armistizio italiano e dall’insurrezione istriana nel quale non sempre fu possibile separare i colpevoli dagli innocenti, sia tuttavia fatta piena luce.

Il mio vuol essere un modestissimo contributo agli sforzi tendenti a scoprire la verità, per amara che sia, superando ogni sorta di omissioni e reticenze, ogni specie di tabù, pregiudizi, preconcetti e velleità di strumentalizzazione dall’una e dall’altra parte del confine, dando così inizio a un esame sereno e rigoroso del caso foibe, disegnandone l’esatta dimensione storica.
Si smetta di dire, da una parte e dall’altra, che le vittime innocenti, pulite e rispettabili stanno tutte dalla propria parte, e si operi da parte di tutti come già auspicato nel dicembre 1989 alla tavola rotonda di Capodistria per eliminare le condizioni che alimentano la violenza e tutti i fattori che di essa si servono.

prof. Gian Luigi FALABRINO
docente di storia della comunicazione visiva al Politecnico di Torino 


la X.a MAS 

impiccagione operata dai fascisti italiani della Decima M.A.S. noti sanguinari 

NB ; casomai non lo sapeste, a Trieste i reduci della famigerata X.a MAS hanno una sede (p.zza Oberdan), e ricevono cospicue sovvenzioni anche da noti enti cittadini, qui non ci stupisce piu' di nulla !! e come non bastasse, sono sempre presenti alle celebrazioni patriottiche con i loro labari, mentre i "cosiddetti" sbandieratori di democrazia delle aule del comune, provincia e regione, assistono al loro fianco alle cerimonie avvalorando come eroi, quelli che in realta' furono delinquenti e assassini di gente inerme, torturatori, seviziatori, ma...... italiani ! sembra che basti questa parola, oltre ad una grande massa di popolo dal cervello annebbiato da decenni di propaganda, per assolvere tutti i crimini commessi, le nuove generazioni poi ... occhio non vede, cuore non duole, chissa' cosa farebbero loro, se tornassero quei tempi ... andrebbero sui monti, nelle barricate o ... si ruffianerebbero col gerarca di turno ?


Nota personale : l'esercito slavo uccise nazisti e fascisti che furono colpevoli di massacri e assasinii, vi sembra strano che i fascisti fossero tutti italiani ?  da questo e' nata la bufala che vorrebbe una caccia a tutti gli italiani, ma ... solo le persone ottuse possono dare adito a queste scemenze


dal blog : che veleno

Italiani brava gente

Perché non è vero? Un’affermazione universalmente riconosciuta! Da sempre gli italiani amano riconoscersi per il loro carattere umano. Del resto, Mussolini non era mica Hitler. Il fascismo, se non fosse stato per quel piccolo, forse evitabile errore delle leggi razziali…
Chissà come mai però, all’estero quest’immagine non trovi riscontro. Forse perché all’estero la retorica patria non ha molti mezzi per imporre il revisionismo storico ormai dominante.
Per esempio all’estero sanno dei crimini di guerra commessi dagli italiani durante il fascismo.
Alcuni sono (purtroppo!) trapelati anche qui: si conoscono, in maniera poco diffusa, le atrocità commesse in Africa, in Libia come in Etiopia, dove per la prima volta nella storia, vennero utilizzati gas asfissianti e aprite (e visto che c’erano lo fecero in quantità massiva: più di duemila quintali di bombe). Sotto ordine diretto di Mussolini, vennero sterminati e distrutti interi villaggi, prigionieri bruciati vivi, lasciati nel deserto senza cibo e acqua o lanciati dagli aerei e… furono bombardati accampamenti della Crosa Rossa.

Quello di cui non si parla mai sono le atrocità delle milizie italiane compiute nelle guerre di Grecia e Jugoslavia, dove per combattere la resistenza, vennero uccisi e torturati migliaia di civili.

Fra i primi episodi c’è l’eccidio di Domenikon, un piccolo paesino che aveva la colpa di essere vicino ad una zona dove i militari italiani avevano subito un attacco. Le milizie fasciste prima fecero radere al suoli il villaggio con bombe incendiare. Poi, racimolati i superstiti, fucilarono tutti gli abitanti maschi sopra i 14 anni. Per due giorni, i soldati continuarono ad assassinare per strada e per i campi tutti i pastori e contadini che si erano nascosti. Alla fine i corpi erano tanti che furono ammassati in fosse comuni. La barbara e vigliacca “strategia” di Domenikon divenne un modello. L’occupazione italiana significava rastrellamenti, fucilazioni, incendi, requisizione e distruzione di riserve alimentari. A Domenikon seguirono eccidi in Tessaglia e nella Grecia interna. Le sevizie e lo stupro di massa vennero applicate come forma di repressione. Paradossale che il comando nazista in Macedonia arrivò a protestare con gli italiani per le violenze contro i civili!
L'occupazione italiana della Grecia si caratterizzò per le prevaricazioni continue ai danni di innocenti. L'esercito italiano eseguiva confische, saccheggi, sequestri. Questi episodi vengono ben documentati nel documentario “La guerra sporca di Mussolini”, che in Italia non verrà mai trasmesso. Il film mostra abitanti di Atene morti di fame gettati come stracci agli angoli delle strade. I continui saccheggi, la creazione del mercato nero da parte dell’amministrazione italiana, provocarono una carestia tale che causò la morte di circa 300 mila greci fra fame e malattia. E poi la prostituzione: migliaia di donne prese per fame e reclutate in bordelli per soddisfare soldati e ufficiali italiani. Non sono esattamente la stesse immaggini di “Mediteranno”.





Sopra, civili trucidati dagli italiani in Jugoslavia


L’apice fu raggiunto nei campi di concentramento italiani in Jugoslavia, conosciuti anche come i “campi del Duce” , dove era stata ordinata da Mussolini la rappresaglia sugli ostaggi civili. A partire dal 1942 più di 70000 soldati furono impegnati a rastrellare il territorio sloveno a sud di Lubiana, dove vennero rasi al suolo centinaia di paesi, effettuati massacri indiscriminati di ostaggi e da dove vennero mandati in internamento circa 30.000 persone, in gran parte donne, vecchi e bambini. Il più grande era quello sull’isola di Arbe, dove vennero deportate 15.000 persone. I deportati venivano stipati in piccole, vecchie tende militari, non impermeabili, su paglia già usata, con una leggera coperta: il tutto pieno di pidocchi e cimici.
Molti erano stati rastrellati mentre lavoravano nei campi in estate, erano semi nudi e non veniva dato loro nulla per coprirsi. Condizioni bestiali, in particolare per l'autunno e l'inverno: pioggia, neve e la bora gelida dell'isola.
Per la fame, il freddo, gli insetti, le malattie, la mortalità era elevatissima, in particolare per i bambini, le donne (alcune erano partorienti), vecchi (fino a 92 anni).
Morirono più di 13 mila sloveni, tra questi alcuni per le sevizie, alcuni torturati e bruciati vivi. Nonostante la documentazione esistente che testimonia un progetto chiaro di pulizia etnica da parte del regime fascista, questi luoghi ancora oggi non vengono riconosciuti per quello che furono: campi di sterminio. Non fu sterminio di massa, solo per l'incapacità organizzativa del regime fascista... ma la disorganizzazone alimentò la brutalità dei militari fascisti.
La BBC ha prodotto un documentario dal titolo, Fascist Legacy ("L'eredità del fascismo"), su questi crimini. Documentario comprato dalla RAI, che ovviamente si guarda bene dal trasmettere. La repressione delle milizie fasciste italiane nella guerriglia in Montenegro ed in altre regioni dei Balcani viene mostrata con precisa documentazione filmata di repertorio. Le immagini (video qui sotto) non sono consigliabili a tutti.
Nello strumentale e continuo gridare alle Foibe, di questi anni… bisogna partire da quello che è successo prima, in Slovenia. Ho sentito gente sostenere che le Foibe sono quel luogo dove i comunisti italiani hanno ucciso dei cittadini italiani!

A fine guerra, la Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra ricevette una lista con più di 1.500 richieste d’estradizione per criminali di guerra italiani. Il governo italiano non consegnò mai nessun colpevole, e nessuno di questi subì un processo. Le ragioni di questo silenzio sono legate al particolare clima del dopoguerra e alla successiva divisione del mondo in blocchi.
Su questo “Olocausto rimosso”, esistono numerose pubblicazioni all’estero… ma praticamente il nulla nel nostro paese. Solo numerosi casi di censura e divieti di pubblicazione.
Così, mentre in Germania si costruiscono monumenti per non dimenticare l'orrore provocato, in Italia non abbiamo mai avuto la nostra necessaria Norimberga.
Ma a che sarebbe servita? Noi sappiamo di essere diversi, umani... brava gente. E in fondo... lui... alla fine... neanche le avrebbe voluto le leggi razziali. Non è così?


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triestestoria.altervista




soldati italiani in Slovenia si fotografano con la testa appena tagliata ad un partigiano


Istria 1945 - massacro effettuato dall'esercito italiano

le immagini sono tratte dal sito sloveno : Primorski Panterji



    in Italia non e' mai nata una Norimberga per i criminali fascisti, quei pochi che furono incarcerati, e furono davvero pochi, vennero poi liberati e addirittura reintegrati nelle cariche precedenti, altri vennero usati come fomentatori anti-comunisti e organizzatori delle fronde dei picchiatori dell'estrema destra nelle zone confinarie, pagati da CIA americana e stato italiano, e che dire di tutti quegli attentati dinamitardi (Brescia,Bologna, treni, ecc...) che ancora oggi non hanno un colpevole ? semplice .. basta dire che è opera degli .. anarco-insurrezionalisti


se ancora non ne siete convinti, o se volete saperne di più, ecco a voi alcuni link decisamente interessanti :

                           cernigoi   nuovalabarda  la leggera   blogger   KW.1   KW.2   KW.3   ANPIRONA

10febbraio    carnialibera     anarchopedia    recsando   nuovi partigiani

tanto per rinfrescare la memoria :   

italiani in Grecia     lager italiani   900-apicella     60°liberazione

senza soste    inviato speciale

tutti i restanti video QUI

 

 

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oggi sui midia i politici vi prendono in giro anche dicendovi che .... non esiste più il fascismo ... sono 4 gatti ... e di sparatorie e pestaggi, che sono solo casi isolati ... e non manca mai : abbiamo fiducia nelle forze dell'ordine (molti dei quali iscritti nelle liste delle destre) e nella magistratura (idem) - cominciò così 90 anni fà .. fate un po' voi

nonostante il sangue, le atrocita', i massacri, oltre che nei paesi occidentali, culla dei vari fascismi, anche nelle martoriate terre dell'est, che tanto patirono sotto queste ideologie, dove intere famiglie vennero sterminate, la rinascita dei nazionalismi portati all'eccesso, porta certi giovani sbandati, sempre in cerca di un vate da seguire, al culto delle nefande idee dogmatiche delle destre, rivediamo i simboli di croci uncinate, celtiche, cappellini di ustascia o četnici, vigilare sempre e ai vecchi l'onere di perpetuare la memoria, ai giovani di diffonderla, affinche' non debba succedere mai piu' 

questa pagina naturalmente sarà continuamente aggiornata, affinchè la VERITA' storica non venga manipolata, un GRAZIE di cuore a coloro che, sapendone poco, hanno voluto documentarsi e sono giunti su questo sito - G.L.